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La missione e le sfide del futuro

L’elemento caratterizzante nonché la principale ragion d’essere di Slow Food a livello planetario è la difesa e la salvaguardia della diversità, di cui è parte la biodiversità. Diversità che va intesa come elemento imprescindibile e insostituibile per la qualità della vita di tutti gli esseri viventi sul pianeta e del pianeta stesso.

L’elaborazione della nostra definizione di qualità alimentare sintetizzata nella formula “Buono, Pulito e Giusto per tutti” rappresenta un quadro teorico all’interno del quale la diversità assume un ruolo indispensabile, centrale. Non c’è qualità alimentare senza diversità, perché la diversità stessa rappresenta il cuore pulsante, la materia vivente attorno alla quale il nostro organismo associativo trae linfa vitale per esprimere la propria peculiarità e la propria identità. Il diritto al cibo è un diritto universale e deve valere per tutti, così come il diritto al piacere e alla bellezza.  Da qui deriva la considerazione che anche lo slogan che ha reso Slow Food riconoscibile in tutto il mondo, il cibo Buono Pulito e Giusto, perde di significato e di incisività se non ha alla base la diversità.

Educarci tutti alla comprensione della diversità è la grande sfida di questo secolo. Comprendere, accettare e rispettare la diversità deve essere la strada anche quando questa ci urta ed è difficile da includere nelle nostre categorie di pensiero. Una diversità che è convivenza e mutuo apporto delle diverse identità e delle diverse radici, certamente non aggregazione su base etnica, religiosa o quant’altro. Tenere assieme identità diverse, radici e foglie diverse ma che convivono e si arricchiscono reciprocamente

L’1% della popolazione possiede più ricchezza del restante 99%; le 8 persone più ricche del pianeta detengono le risorse dei 3,5 miliardi di persone più povere. Possiamo noi chiamarci fuori da questo mondo? Possiamo pensare di continuare a lavorare senza che questo ci tocchi? Le nostre istanze sono sotto lo scacco di una situazione geopolitica che è, nei fatti, la terza guerra mondiale. Da questo quadro non si vede via di uscita. La nostra attività ha allora senso nel momento in cui siamo coscienti del fatto che il lavoro sulla biodiversità è il nostro piccolo contributo alla pace e allo sviluppo umano. È il momento di decidere da quale parte del mondo stare, non ci sono più mezze misure.

La sfida è dunque conciliare locale e internazionale, diversità e necessità organizzativa. Per vincerla, dobbiamo essere forti sul piano del pensiero e delle azioni, prestando la massima attenzione a recepire gli stimoli che provengono dalla diversità dei territori rimanendo concentrati su campagne di valenza mondiale e identitarie per tutti. Il percorso verso un’idea di organizzazione che recepisca il duplice valore del rapporto complessità-unità e locale-globale deve essere tracciato da alcuni princìpi, quali:

  • Massimo rispetto quindi della diversità di partecipazione a livello territoriale, mantenendo forme di adesione al movimento diverse e ampie, inclusive e non rigide. Il vincolo fondamentale di adesione, fatto salvo quello ai principi base del Manifesto di Slow Food  che rappresenta ancora il nostro testo di fondazione, sarà rappresentato dalle campagne internazionali, che saranno il momento in cui tutta la rete sarà chiamata a rispondere in maniera compatta.
  • Governare la presenza di Slow Food sui territori attraverso il dialogo e la partecipazione tra queste diversità favorendo e promuovendo le reti e il dialogo nelle reciproche autonomie. Garantire questo armonioso allargamento deve essere un principio guida della nostra ri-organizzazione associativa in atto che si fonda sulla creazione delle Comunità del cibo e delle Comunità dei Mercati della Terra, comunità capaci di mettere in relazione soggetti molti diversi fra loro (contadini, allevatori, pescatori, artigiani, ristoratori, botteghe, gruppi di acquisto, mercati di produttori, scuole, operatori della cultura e del turismo). La Comunità quale strumento capace di realizzare un cambiamento positivo dei sistemi alimentari locali, impegnandosi ad adottare pratiche più sostenibili (ad esempio eliminando la chimica di sintesi, passando all’uso di energie rinnovabili, recuperando aree abbandonate e rigenerando terreni degradati, riducendo o eliminando l’uso di materiali non riciclabili per gli imballaggi) e di pratiche più inclusive (creando nuovi posti di lavoro per i giovani, per le donne, per i migranti o per categorie svantaggiate, condividendo e mettendo a disposizione le proprie esperienze e buone pratiche).